giovedì 24 ottobre 2019

La parola "grazie" - Riflessione




La Parola "Grazie"

Una delle parole più ardue e difficili da pronunciare, che non esce di buon grado dalla
bocca, anche se è composta da poche lettere, è la parola "grazie";
forse perchè fa fatica a prendere forma nel cuore e nell'anima....
Rara e sporadica nelle nostre relazioni, è del tutto assente sulle labbra dei bambini e
degli adolescenti.
La parola "grazie" evidentemente, è stata fuori moda in ogni tempo.....perfino Gesù
si lamenta perchè su dieci lebbrosi guariti, solo uno va a ringraziarlo;
se ne deduce che l'essere umano in quanto tale è ingrato per natura!
Ma come mai, la gratitudine è così rara? Si potrebbero individuare almeno due ragioni.
Più una società è fondata su cose e beni materiali, tanto meno si sente la parola "grazie":
quando il nostro sforzo è concentrato esclusivamente sull'accumulo di cose e "roba"
(nemmeno Verga che tutti hanno studiato come minimo alle medie, è riuscito ad
insegnare qualcosa) e sulla ricerca dei benefici, tutto diventa dovuto.
Di contrario quando si coltivano le relazioni con le persone, si scopre più facilmente
che tutto quanto è donato, e quindi si avverte la necessità di dire "grazie".
L'altro motivo sta nella convinzione di avere dei diritti che derivano dal proprio status....
gente abituata ad avere tutto senza alcuno sforzo, che non ha idea di cosa voglia dire
lottare ogni giorno per ottenere qualcosa.
Spesso la gratitudine arriva da chi non si aspetta il beneficio e ne rimane stupefatto,
perchè mai avrebbe le carte in regola per riceverlo;
chi invece si sente in diritto di ottenerlo, lo vive non come dono , ma come atto dovuto.
Se si cade nella logica del "dovuto" dimenticando la logica del "donato" si potrà sperare
solo nell'amore, che col tempo, si porrà come baluardo per vincere l'abitudine
alla ingratitudine.

di Cecilia Ciaschi



lunedì 21 ottobre 2019

Fuga Senza Fine - Joseph Roth ----- Recensione

Questa è la nostra recensione per:
Fuga Senza Fine di Joseph Roth


L'ufficiale dell'esercito asburgico Franz Tunda, che poi altri non è che l'autore stesso,
in una fuga senza un chiaro perchè, dalla Siberia a Parigi.
Egli diventa un nomade,spogliato e privo di tutto: soldi, rango, titolo, professione;
spettatore della disgregazione di un mondo antico e l'ascesa di nuovi poteri che
daranno poi il via ai totalitarismi che porteranno alla catastrofe della Seconda
Guerra Mondiale.
La lettura ci è risultata pesante e "ferma", non c'è quel ritmo incalzante per cui
il lettore va avanti spedito fino alla fine per vedere il finale;
gli avvenimenti sono portati avanti in un incedere statico, per nulla coinvolgente;
il linguaggio e i termini adoperati (almeno nella traduzione) sono capibili, ma lo
stile e la costruzione delle frasi non sono del tutto comprensibili e risentono
parecchio di certe ampollosità ottocentesche, tanto è che ci siamo dovuti fermare
più volte....
non accade nulla di veramente sconvolgente, un episodio o più episodi per poter dare
un senso e una svolta decisiva al tutto: si rimane in un limbo, in perenne attesa di
qualcosa.
Appaiono come funghi variopinte figure femminili, che non si capisce bene ne' il ruolo
 e ne' cosa possono rappresentare nel concreto per il protagonista...
Tuttavia una cosa che ci è piaciuta è la descrizione che fa in vari frangenti di certa
aristocrazia e di certi radical-chic viziati già esistenti (!!!)....elementi che possiamo
riscontrare nella realtà odierna in abbondanza.
"...gli uomini viziati, che stanno bene e sono così immuni dal contagio della povertà
che presso di loro fioriscono le virtù prodigiose: la comprensione per la povertà,
la misericordia, la bontà d'animo e persino la mancanza di pregiudizi" (Pag. 129).
E la descrizione della città di Berlino, attraverso la quale si capisce bene il futuro che
poi ha avuto questa città e di come sia andata di moda specialmente negli ultimi
anni:
"Questa città ha avuto il coraggio di essere costruita in uno stile orribile, e questo le
da il coraggio per altri orrori" ......(Pag. 108 e seguenti).

Il protagonista rimane “in fuga”, appunto….alla ricerca di un evanescente se stesso.

Recensione di Cecilia Ciaschi




martedì 8 ottobre 2019

Le Ceneri Di Angela - Recensione


Questa è la nostra recensione per il libro:
Le Ceneri Di Angela di Frank McCourt


Con un linguaggio semplice, essenziale e privo di orpelli stilistici, Frank McCourt
con i suoi occhi da bambino ci trasporta nell'Irlanda tra le due Guerre e attraverso
la narrazione delle vicende sue e della sua numerosa famiglia, ci fa capire a fondo
la condizione irlandese di quegli anni.
Frank ci dona il racconto della sua vita, facendoci toccare con mano l'estrema miseria,
il freddo e la fame ( quasi ce li sentiamo addosso), il tutto aggravato dalle convinzioni
cattoliche, che invece di dare sostegno e conforto mettono ancora più fuori gioco
le persone e le abbrutiscono;
un'ignoranza medioevale, l'alcolismo onnipresente come fuga dalla realtà, che
affossa ogni sprazzo e movimento di riscossa;
il degrado dei luoghi, l'odio viscerale per gli inglesi e per gli irlandesi del Nord:
un documento che insegna più di un libro di storia e ci fa comprendere nel profondo
quel che doveva essere e il perchè di come poi le due Irlande non hanno avuto mai
pace: la lotta agli inglesi, l'Ira e tutto il resto.
C'è chi lo giudica troppo "crudo", ma d'altronde se si vuole fare sapere la Verità,
questo doveva fare McCourt.
C'è chi si lamenta della condizione italiana nei soliti anni con l'avvento del Regime,
ma non sembra che altrove le condizioni dell'essere umano fossero migliori....
....anzi....
Un libro, una storia, che hanno solo da insegnare, specialmente al giorno d'oggi,
dove il troppo benessere, di contrario, impigrisce ed infiacchisce il corpo e la mente.
Sicuramente non è noioso... e Lui con l'ironia e la curiosità di fanciullo tratteggia
gli episodi durissimi facendoci perfino sorridere e la voglia di riscatto, di riuscire
e del sogno americano fa comprendere quante risorse nascoste ed inaspettate
abbia l'essere umano per poter risalire la china e superare anche le peggiori
disgrazie....sperare e credere in una felicità che prima o poi arriverà.
Consigliatissimo a certe radical-chic di buona famiglia, che si apprestano ad andare
in Irlanda perchè va di moda: l'Irlanda non è una terra magica di gnomi e folletti...
.....è stata anche questo!


Un padre sempre ubriaco,
una madre sfinita dal fare figli,
Limerick, dove la famiglia ritorna dalle Americhe riuscendo solamente ad avere un misero
sussidio che viene sperperato interamente dal padre al pub....
Dopo un'infanzia di tregende, aiutando una strozzina a redigere lettere ai debitori,
Frank riesce a racimolare i soldi per tornare in America da dove erano partiti,
per affermarsi e riscattarsi.

Recensione di Cecilia Ciaschi